LA VIOLENZA SULLE DONNE ATTRAVERSO L’INTEGRALISMO

Quando l’integralismo religioso diventa un fattore sempre più influente nella società civile, quasi sempre si lascia il passo alla sopraffazione della donna e della sua dignità.

violenza-sulle-donne-1Ciò ha creato un certo stato di debolezza a chi, come le donne, è stato volontariamente posto ai margini della società a causa di una mentalità dominante, arcaica, fatta di soprusi e di violenza.

Le idee del fondamentalismo religioso si annidano nella vita privata  di molte donne.

Queste sono costrette a seguire degli obblighi sotto la continua minaccia della violenza, diventando creature fragili, condannate a vivere nell’ombra della paura.

In occidente tutto ciò non viene raccontato abbastanza, ma le donne stanno rischiando di diventare una nuova emergenza sociale perché la mentalità fondamentalista le vuole soggiogate al volere di un estremismo senza via d’uscita.

Sono tantissime le storie che potrebbero essere narrate, molte sono note, altre sono rimaste sconosciute a causa di un velo di vergogna e di omertà; i fatti più gravi purtroppo sono anche quelli più eclatanti.

Quando, nelle pagine della cronaca nera, viene raccontata la morte di una figlia o di una moglie, uccise per futili motivi, questo provoca angoscia e lascia intendere importanti interrogativi.

Sono proprio quelle giovani donne come Sanaa Dafani, Nosheen Butt o Hina Saleem, che, per non abbassare la testa alle altrui volontà sono andate incontro ad un destino drammatico, dagli esiti spesso letali.

Sgozzate, lapidate, seppellite vive, dilaniate nel corpo e nell’anima perché volevano essere libere. Il rapporto tra vittima e carnefice è sempre basato sulla ricerca di nuove colpe e di nuove forme di prostrazione.

L’aggressore è il primo a temere la propria vittima, si tratta di un timore fondato non sull’emotività ma sulla paura che questa possa cadere nell’immoralità o fuori dal suo ossessivo controllo.

donneL’aggressore è costantemente terrorizzato dall’idea di non poterla più possedere; ne teme le potenzialità e soprattutto non riesce ad accettare una realtà in cui il diritto alla libertà della donna è considerato sacrosanto.

Da qui emerge l’attaccamento morboso a preconcetti e pregiudizi, diffusi dall’estremismo religioso, che soffocano ogni forma di autonomia individuale.

Per l’estremismo applicato è inaccettabile una donna libera, nei pensieri e nelle aspirazioni.

L’ideologia fondamentalista non può che favorire questa chiusura, legittimando la sottomissione; un concetto  inaccettabile, arcaico, irrazionale e sostanzialmente contrario al rispetto dei più elementari diritti umani.

Questo è il principio cardine del fondamentalismo islamico che si taccia di essere il vero “Islam”, quando è tutt’altro.

Anche perché nella complessità religiosa islamica, giova ricordarlo sempre, vi sono valori spirituali differenti e sostanzialmente contrari alla distruzione della persona umana e della donna; all’affermare una presunta inferiorità della donna.

È una battaglia quella che le donne (e chi le difende) devono combattere, ogni giorno, a viso aperto contro il radicalismo che alberga negli interstizi delle nostre società.

Questa battaglia deve essere vinta proprio perché si tratta di difendere i principi basilari della vita democratica contemporanea.

L’estremismo non è altro che il pretesto per muover battaglia contro i diritti, che oggi sono considerati universali e riconosciuti a livello globale.

La malvagità fondamentalista non è poi così lontana, come    qualche benpensante  multiculturalista vorrebbe farci credere; è molto più vicino di quanto si possa pensare. L’uso della violenza contro le donne, causato dall’interpretazione sbagliata della religione, dalla sua deformazione, si consuma anche qui in Italia; naturalmente ciò avviene in ambiti talmente chiusi dove le telecamere è difficile che possano entrare; sono luoghi e contesti sociali inaccessibili a molti, soprattutto a chi vorrebbe combattere la violenza.

Le vittime, nella maggior parte dei casi, sono mogli, sorelle, fidanzate e figlie: sono impaurite, prive di ogni appoggio e, in certi casi, in un grave stato di indigenza.

La paura, non si tratta solo di un’emozione naturale e per certi aspetti anche legittima, del peggior nemico della donna aggredita e vilipesa.

È proprio il terrore, infatti, a togliere le principali energie interiori, abbattendo l’autentica voce di difesa della propria esistenza; eliminata la reattività contro il pericolo, questo rende sempre più difficile sporgere una denuncia contro il proprio aggressore seriale. O, meno che mai, reagire.

Ciò, infatti, garantisce una pieno ed oscuro silenzio che protegge l’aggressore, il quale diventa sempre più consapevole della propria condizione di dominio e del proprio potere coercitivo.

Non si può giustificare né comprendere chi vuole emarginare la femminilità delle donne, perché non si può tollerare che queste vengano trattate come creature appestate. Non esiste cultura né attenuante culturale che possa dar ragione alla totale e indisturbata campagna di annientamento delle donne portata avanti dall’estremismo organizzato.

La società civile, quindi, deve essere sempre più consapevole di ciò che accade. Sono molte le cause di questa inconsapevolezza, una di queste è il fallimento degli attuali modelli proposti dal multiculturalismo.

Quest’ultimo ha imposto un’integrazione forzata, a tutti i costi massificata. Ha così dato spazio anche all’inaccettabile, consentendo di far diffondere anche in Occidente i termini ‘culturali’ di un certo radicalismo religioso.

Non è un caso, infatti, che nelle aeree più popolari, soprattutto quelle abitate prevalentemente da immigrati, si sia legittimata e consentita l’apertura di un serie di “centri religiosi” le cui attività sono tutt’altro che alla luce del sole: sono le moschee “fai-da-te”, pericolosi centri di diffusione della mentalità estremista. Laddove si incita alla chiusura al mondo occidentale, alla negazione della sfera dei diritti delle donne e degli ‘infedeli’.

Non è  possibile nascondere la sofferenza di chi è costretta a celare i lividi. prima o poi i segni della violenza, anche fisica, emergeranno.

Il problema quindi è sostanzialmente di natura culturale. Per questo motivo, per rispettare le donne si deve partire dall’educazione dei più giovani.

I ragazzi, la futura generazione di domani, devono acquisire la consapevolezza del problema; più sono consapevoli e più sono forti nell’aprirsi al buon senso. Educare i giovani alla democrazia toglierebbe la spina dorsale dell’estremismo e del maschilismo.

Occorre spiegare e far metabolizzare che ogni forma di integralismo è in realtà qualcosa che si oppone alla natura umana e va contro il modello di società civile, libera e laica.

La cultura democratica deve quindi toccare ogni persona in modo capillare poiché non può essere più tollerato che la violenza possa ancora far leva in maniera indisturbata sulle persone più deboli o su quelle più giovani; non si può continuare a guardare, come silenziosi spettatori, uno spettacolo triste e tetro.

Di Dottoressa Professoressa Cristina Siciliano


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