La storia di Charlie Gard
Londra, 25 giugno 2017 – Il piccolo Charlie Gard soffre di una rarissima malattia genetica, chiamata sindrome da deplezione del Dna mitocondriale, che finora ha colpito solo 16 persone (tutti bambini) al mondo. Il morbo attacca i mitocondri, ovvero le ‘centrali energetiche’ delle cellule degli organi e, nel caso di Charlie, a essere colpita per prima è stata la muscolatura. Il bimbo, nato apparentemente sano il 4 agosto del 2016, ha presto presentato anomalie, soffrendo di violente convulsioni e, progressivamente, non riuscendo a respirare, a deglutire e a muoversi da solo.
A Charlie è poi stata diagnosticata un’encefalopatia, ovvero una grave lesione del tessuto cerebrale. La terribile mutazione genetica gli è stata trasmessa dai genitori, portatori sani (e inizialmente ignari) del morbo. Un mese dopo la nascita, Connie si è accorta che il bimbo non aveva le stesse reazioni di altri bambini. In ottobre, Charlie viene ricoverato al Great Ormond Street Hospital (Gosh) di Londra, uno dei migliori ospedali pediatrici in Europa. Dopo mesi di ricerche, a gennaio 2017 i genitori mettono in piedi una pagina di crowdfunding online per raccogliere i fondi necessari per portare Charlie negli Usa, dove ci sarebbe una terapia sperimentale che potrebbe farlo migliorare. A marzo, il Gosh trascina Chris e Connie in tribunale per poter sospendere le cure a Charlie, la cui malattia viene giudicata irrimediabile. Il giudice Francis dà ragione ai medici.
I genitori ricorrono quindi alla corte d’appello, per avere il diritto di trasferire Charlie a New York, dove un medico specializzato in queste malattie (il dott. Michio Hirano) li aspetta. I tre giudici d’appello confermano il verdetto di primo grado, dando ragione al Gosh. I genitori allora ricorrono alla corte suprema, equivalente alla nostra cassazione. L’8 giugno vengono stangati con l’ultimo verdetto, sempre negativo. A fine giugno Chris e Connie chiedono alla Corte europea dei diritti umani di concedere una possibilità a Charlie, ma la corte Ue si rifiuta di intervenire, allineandosi con le corti inglesi. All’ultima ora, quando il Gosh sta per staccare le macchine a Charlie intervengono prima il Papa e poi Donald Trump, su Twitter, a difesa dei genitori. Il Bambin Gesù, ospedale della Santa Sede, offre di curare Charlie e un gruppo di esperti internazionali chiede di dare a Charlie un’ultima chance. Si riapre il caso con «nuova evidenza», ma ormai per Charlie il tempo è scaduto.
I genitori di Charlie Gard rientrati all’Alta Corte di Londra perché vogliono che il bimbo venga trasferito a casa prima di staccare la spina. L’ospedale dove Charlie è ricoverato, il Great Ormond Street, ha invece dei dubbi sul suo spostamento. Lo rende noto il Daily Mail.
Il giudice dell’Alta Corte di Londra ha annunciato che deciderà se il piccolo Charlie potrà lasciare l’ospedale per morire a casa, come auspicano i genitori, nonostante il parere contrario dei responsabili dell’ospedale in cui è ricoverato. Lo scrive SkyNews su Twitter.
La “terapia sperimentale poteva rappresentare una opportunità per Charlie Gard ma si è arrivati troppo tardi”. Lo ha affermato il professor Luigi Bertini dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma nel corso della conferenza stampa sul piccolo inglese affetto da una malattia genetica. “Non so perché l’ospedale inglese abbia deciso di sospendere le cure al bimbo, so che qua da noi questo non sarebbe avvenuto”. Così Mariella Enoc, presidente del Bambino Gesù, a margine di una conferenza stampa convocata oggi presso l’ospedale della Santa Sede. “Non so se Charlie si sarebbe potuto salvare, ma so che si è perso molto tempo in molti dibattiti legali che non sono serviti a nulla”.
Charlie Gard ha perso la sua battaglia, la spina delle macchine che ne hanno finora tenuto in vita il corpicino prostrato da una rara sindrome degenerativa può essere staccata. Gli ultimi ad arrendersi, in lacrime di fronte a Nicholas Francis, giudice dell’Alta Corte di Londra, sono stati la sua mamma e il suo papà, Connie e Chris, non senza lanciare uno straziato ”accuse’ finale ai medici del Great Ormond Street Hospital e alla giustizia britannica per aver scelto al posto loro di dire basta già 5 mesi fa innescando un contenzioso legale che potrebbe aver consumato il fattore tempo. “La finestra di opportunità”, l’ha chiamata l’avvocato Grant Armstrong, a cui la coppia – col conforto di alcuni specialisti stranieri – si sarebbe voluta aggrappare per tentare la terapia alternativa che il neurologo Michio Hirano sta sperimentando in fase embrionale alla Columbia University di New York. E che a un altro stadio della malattia, sospettano i Gard, avrebbe potuto magari offrire una pur piccola chance. Il finale triste, forse scontato, di una vicenda che ha commosso il mondo e ha diviso le coscienze é andato in scena in un’anonima aula di tribunale. “Non c’é più tempo”, ha alzato bandiera bianca il legale di famiglia, denunciando l’attimo fuggente perduto, a suo dire, negli ultimi mesi. “Le peggiori paure dei genitori – ha incalzato – sono state confermate. Ora è troppo tardi per curare Charlie”. Il suggello al ‘non c’é più nulla da fare’ é del resto arrivato dallo stesso Hirano, giunto a Londra fidando di poter dare almeno un 10% di possibilità di miglioramento al piccolo, ma costretto infine a fare un passo indietro per l’aggravamento dei danni cerebrali rivelato da una nuova risonanza magnetica una settimana fa. Una ‘sentenza’ che i dottori inglesi del Great Ormond (Gosh) avevano emesso già a marzo chiedendo e ottenendo parere favorevole a ‘staccare la spina’, contro il volere della famiglia, tanto dalla giustizia del Regno quanto dalla Corte Europea dei Diritti Umani. Oggi la direzione sanitaria si é inchinata al “coraggio” di Charlie, Connie e Chris, accantonando finalmente le polemiche sfociate nel week end addirittura in una denuncia alla polizia contro ignoti per insulti online e presunte minacce di morte allo staff ospedaliero. Mentre attivisti del cosiddetto ‘Charlie’s Army’ non hanno risparmiato qualche (pacifica) protesta dinanzi alla Corte al grido di “vergogna” nei confronti di medici e giudice. “Dire addio al mio piccolo bel bambino é la cosa più dura che mi potesse capitare”, ha mormorato invece la mamma fuori dall’aula trattenendo i singhiozzi, “volevamo solo dargli una chance di vivere, invece s’é perso tanto di quel tempo”. Quindi, rivolgendosi direttamente a Charlie, a quel bimbo di 11 mesi dai capelli biondi adottato idealmente da milioni di persone nel suo lettino d’ospedale con la tutina blu, la scimmietta di peluche e gli odiosi tubicini collegati al naso, Connie é crollata: “Ci dispiace non essere riusciti a salvarti”. Un dolore senza rimedio, condiviso con il marito. Occhi lucidi e volto scavato, anche lui ha avuto parole di rammarico, prima di cercare di dare un senso a qualcosa che non sembra averne. “Charlie é stato un guerriero assoluto, non potremmo essere più fieri di lui”, ha scandito annunciando di sperare di poter creare ora una fondazione a suo nome, utilizzando anche il milione e 300mila sterline frutto della raccolta popolare promossa sul web quando ancora si pensava all’ipotetico trasferimento negli Usa (proibitivo per le tasche dei Gard) e alla terapia ai nucleosidi del professor Hirano. Denaro che, chissà, potrà servire ad altri. Perché Charlie, ha inghiottito papà Chris, “non arriverà al suo primo compleanno, fra due settimane. E’ tempo che vada e che stia con gli angeli”.