Giulia Chianese un sogno oltreoceano

L’avventura di Giulia a Los Angeles, dopo aver recitato a teatro diretta da Francesco Giuffrè, nella web-serie ‘Fuoriclasse Off’ e nei videoclip di Alex Britti e Radici nel Cemento, la giovane attrice romana ci racconta l’esperienza nella “città degli angeli”

Quando sei partita per Los Angeles era più la paura o l’entusiasmo?

Molta, ma molta di più la paura. Ero spaventata che il posto dove sarei andata, impregnato di una cultura centenaria basata sul dominio e nonostante la sua ricchissima diversità multietnica paradossalmente anche su un assolutismo religioso dell’In god we trust stampato sul dollaro nazionale, non avrebbe risposto alle mie esigenze umane e formative. Ma mi sbagliavo, ho capito che se proponi una diversità onestamente e con calore, qui viene apprezzata.

A che punto ti ritieni del tuo percorso?

In piena fase creativa. Ho appena finito gli studi al Lee Strasberg Institute e sono in un turbine di idee che mi è venuto anche dopo aver visto quanto sono capace di fare nello studio e quanto quello che faccio funziona ed è efficace. Ora sto facendo domanda per il visto e spero proprio di riuscire a ottenerlo per poter lavorare e con quello che guadagno permettermi di continuare a studiare.

Hai dei lavori imminenti che puoi svelare in anteprima?

Se tutto va bene sarò la protagonista di un film sulla Seconda guerra mondiale molto particolare, non dico altro..

A chi ti ispiri nella recitazione? O chi è stato il tuo primo modello che ti ha fatto innamorare di questo lavoro?

A distanza di anni mi fa anche sorridere ripensare che tutto è nato dopo aver guardato La maledizione della prima luna nel 2006, mi innamorai dell’energia di quel set e dell’estro di Capitan Jack Sparrow. Peccato poi Johnny  si sia perso per strada, forse per questa cultura di cui parlavo che se non hai una solida base di partenza fa stare male. Oggi il mio modello è il meticolosissimo Eddie Redmayne de La teoria del tutto.

Speri di ritornare a recitare in Italia o punti a rimanere il più a lungo possibile negli Stati Uniti?

Io purtroppo sto rimanendo qui perché ahimè in Italia non c’è così tanto spazio per i giovani attori, tutto viene vissuto con un tale giudizio e atteggiamento classista che ti senti sempre in debito se riesci a guadagnarti un provino. Qui non è così, qui non stai chiedendo favori a nessuno e semmai è uno scambio reciproco tra attore e regista/produzione che dà il senso del lavoro. Il mio sogno è riuscire a imboccare un percorso dignitoso così da poter tornare dove ho lasciato un pezzo di cuore e chissà, magari fare del mio piccolo per cambiare un po’ le cose.

Hai conosciuto altri attori, attrici o aspiranti registi italiani a Los Angeles? 

E’ incredibile come tutti quelli che ho incontrato si diano da fare come e più di me, credo che andarsene da casa così lontano, da soli e in una città con così tanta competizione ti renda solo un sognatore e un lavoratore migliori.

In che genere ti senti più a tuo agio?

Mi sono sempre adagiata su ruoli drammatici, ma di recente ho scoperto di avere una vena comica per niente male! Vediamo se continuerò ad accettare la sfida.

Pensi sia più difficile far ridere, piangere, emozionare o riflettere? 

Ma penso che obiettivo del cinema e dell’arte in generale sia quello di porre delle domande, di smuovere, frustrare e spingere alla ricerca. Che lo si faccia tramite la lacrima, la risata o il silenzio questo non cambia e credo comunque che sia la cosa più difficile ma anche la sola possibile. A meno che non ci si diverta a guardare delle figure parlare, cosa che personalmente mi annoia.

C’è una cosa che hai imparato a Los Angeles e che probabilmente in Italia non avresti appreso?

La possibilità di sbagliare. Qui in classe non ho mai sentito dire “hai sbagliato”, piuttosto ti mostrano un’alternativa e ti dicono “prova a fare così vedi se viene meglio”. C’è un rispetto per la diversità altrui negli ambienti scolastici che non ho mai trovato in Italia, dove al contrario se fai una cazzata in scena puoi arrivare addirittura a sentirti dire di cambiare mestiere.

Un consiglio da dare ad altri/e ragazzi/e che sognano di recitare?

Non lasciate che vi giudichino, e non giudicatevi voi. Ne parlavo con Jeff Fahey l’altro giorno: la vita cambia così tanto crescendo che quello che adesso vi sembra di poco conto cambierà in una maniera che non potete neanche immaginare. E se non lo fa, ma fate un buon lavoro, con talento e onestà, allora siete sulla buona strada.


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