Rino Gaetano: un dipinto romanzato da Stefano Micocci e Carlotta Ercolino

Una lettura che fino alla fine vorresti fosse la verità. Un cocktail affascinante e poetico che ti tiene immobile in un equilibrio tra sceneggiatura e realtà, tra quello che vorresti che fosse e le pieghe della storia, quella accaduta per davvero. Inevitabilmente le due cose si contaminano a vicenda, inevitabilmente poi è sempre facile inventare. Eppure farlo tenendo sempre accostati a se la realtà, come fosse una bussola o una guida di riferimento è un’arte difficilissima, di prestigio e assai delicata. Ci sono riusciti Stefano Miccoci (figlio del grande Vincenzo Micocci) assieme alla sceneggiatrice Carlotta Ercolano con questo bellissimo libro dal titolo “Rino Gaetano, un mito predestinato” edito da Terre Sommerse. Un breviario di vita in tutta la prima parte, che si snocciola tra testimonianze decisive e retroscene interessanti della controcultura italiana, quando la IT (storica etichetta discografica romana guidata appunto da Vincenzo e figli Stefano e Francesco) investiva tutto il possibile per la realizzazione di una nuova musica popolare… la stessa che poi ha scritto la storia della poesia cantata in tutte le salse, da De Gregori a Venditti, passando appunto per il mito di Rino Gaetano.

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E in questa chiave di lettura, soffermandosi più volte e con un piglio a tratti severo sulla sacralità e la riconoscenza per quel lavoro discografico che un tempo aveva ancora quel gusto antico di un vero mestiere artigiano, che si approderà poi alla vita del cantautore un po’ calabrese e un poco romano. Messe in chiaro le carte in gioco, si passa allo sceneggiato. Esatto: una vera e propria sceneggiatura, come fosse il film, come fosse il copione da consegnare in produzione. Un cortometraggio che inizia dalla sua morte del cantautore e che poi alla sua morte ritornerà. I dialoghi, i personaggi, tutte le donne del mito che ovviamente rappresentano più il simbolo e i significati di certe canzoni che la realtà di un ragazzo di borgata… fino al successo, fino a quell’incidente che arriva come segno già scritto nel destino. Rino si alza dalle lamiere contorte e guarda il suo pubblico… e si racconta, e ci racconta la sua vita fino a quel tragico schianto sulla Nomentana. Bellissimo e commovente l’ultimo tratto che non svelo del tutto ma che un poco mi si conceda di farlo, forte del fatto che non stiamo qui a parlare di un giallo irrisolto: è fantasia (forse) o realtà (magari). Eppure passerà Fred Buscaglione (morto anni prima come lui e come lui predestinato al mito e alla sorte), passerà con la sua Ford Thunderbirds rosa fuxia, caricherà il nostro e… beh il finale, quello vero, ve lo risparmio sperando che restituisca una lacrima di stupore e un sorriso di commozione. Quel filo sottile che lega a se verità e fantasia, quel non sapere fino in fondo chi e se davvero è stato come ci viene raccontato… chissà però se davvero Fred è passato con la sua Ford Thunderbird rosa fuxia quella mattina di Giugno, chissà se davvero i cani come Zorro si accorgono anche dei morti… e chissà se per davvero dietro quella parete di casa c’è ancora una ragazza che si chiama Maria, ferma, in ascolto…
Oggi niente più esiste come allora. Forse oggi tantissima musica di ieri non potrebbe neanche funzionare dentro le radio. Di sicuro oggi non esistono e non hanno senso di esistere figure professionali come quella di Vincenzo Micocci. E non contenti, spesso ci dimentichiamo anche di ringraziarli. Da oggi in poi non esisteranno più miti. Anzi, a guardar bene già non esistono più…
Se fosse vivo oggi, Vincenzo Micocci, spenderebbe solo silenzio e lacrime nel vedere come è stato ridotto quell’antico mestiere artigiano che un tempo ha restituito all’Italia intera miti eterni come quello di Rino Gaetano. Per fortuna che poi arrivano libri come questo a mantecare assieme il ricordo, il rispetto e la fantasia per il mito che ha fatto la storia e per chi ha investito quel che poteva per dargli voce in eterno. Buona lettura…


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