Ci andava di sottolineare l’ennesimo progetto che il main stream quotidiano ignora. Questa volta la fuga di cervelli è metaforica e concettuale. Un ascolto che vogliamo portare alla luce per non perderlo nel cassetto delle tante cose che non possono uscire per dovere di cronaca.
Si intitola “Learn to Live” il terzo disco del cantautore naturalizzato milanese Giuliano Vozella. Italiano è il sacco e italiana è la farina si intenda…ma la sua musica ci ha sempre abituati ad un mood assai internazionale, ben fatto, ottimamente registrato e suonato. Sarà che di base Giuliano Vozella nasce e cresce con la chitarra acustica tra le mani e si è sempre sentito in tutti i suoi lavori che comunque portano in se un filo conduttore piuttosto marcato per quanto nei primi due dischi c’era una tendenza alle sonorità sfacciatamente acustiche prima e lievemente (molto lievemente) world poi. Questo nuovo viaggio intimo e autobiografico è sfacciatamente americano. Punto e a capo.
Sai di strade aperte e assolate, sa di James Taylor e Damien Rice nella versione più pop, sa di David Grace e di Ryan Adams quando cercano l’intimità nostalgica e sa di Vozella se ascoltiamo bene i risvolti di certi arrangiamenti – trovo per esempio che brani come “Juggling Time” o “The Groove” siano un must ricorrente nelle sue produzioni. La bellissima “Over” che si lancia in rete con un video altrettanto minimale e suggestivo direi che incarna quella “omologazione” ad un cliché che Vozella sa rappresentare a pieno. Non fa sconti di personalità, mai, ma sicuramente in questi brani si trasporta in un ambito già sentito e già vissuto altre volte. Beh certo, in questo caso più che in altri, stiamo vivendo un’esperienza assolutamente affascinante ma trovo che il vero Vozella si esprima più in brani come quelli appena citati…o come per esempio direi che il soul estivo di “The Sun”, a chiusura di tutto, fa un immancabile sunto della bellezza e dell’energia di questo artista nostrano a cui dovremmo restituire maggiore attenzione.
Che poi qui voglio fare la citazione importante: l’intro di “The Meaning of the Waves” mi riporta inesorabilmente al carattere francese di Pierre Bensusan quando disegna le melodie di “Les places de libertè”.
Lui come tantissime nuove realtà della musica nostrana faticano ad avere attenzioni. Potremmo scriverne di articoli su questo tema e forse un giorno lo faremo. Questo è il video di lancio di cui scrivevo poc’anzi. Punto e a capo.
Giuliano Vozella: l’America in Italia
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