Tra le poche leggi messe a punto in favore delle donne troviamo la numero 215 riguardante l’Imprenditoria Femminile. Si tratta dello strumento principale che intende agevolare il lavoro femminile autonomo, rivolgendosi in particolar modo ai seguenti soggetti:
- Società cooperative o di persone costituite da donne per una misura minima del 60%.
- Società di capitali con almeno i 2/3 delle quote affidate a donne.
- Imprese individuali sotto la proprietà di donne.
- Imprese, consorzi, associazioni ed enti formativo-professionali con almeno il 70% delle quote possedute da donne.
Tuttavia queste condizioni devono contemporaneamente sussistere con la clausola della “piccola impresa”, ovvero un’attività improntata ad una forza lavoro con meno di 50 dipendenti, con un fatturato inferiore ai 7 milioni di euro o in alternativa con un bilancio inferiore ai 5 milioni di euro, ed in ultimo avente una totale indipendenza da imprese “partecipanti”. Oltre ai soggetti beneficiari, la Legge 215 stabilisce altresì la tipologia di investimenti finanziabili: premesso che le agevolazioni possano riguardare settori anche molto diversi tra loro come ad esempio quelli industriali, artigianali, agricoli, commerciali e turistici, si stabilisce che i finanziamenti possano essere diretti all’apertura di nuove attività, all’acquisizione di attività già esistenti sul mercato, all’investimento in progetti particolarmente innovativi e all’acquisizione di servizi reali. Le agevolazioni si concretizzano sotto forma di contributi in conto capitali tenendo in considerazione i limiti di volta in volta stabiliti dalla normativa comunitaria riguardante gli aiuti di Stato alle imprese. In ogni caso ci sia sufficiente sapere che le agevolazioni consistono più dettagliatamente in contributi a fondo perduto senza obbligo di restituzione (abbinati ad una parte di finanziamento concesso a tasso agevolato dello 0.5% con restituzione a 10 anni), sotto forma di credito di imposta, e per finire con finanziamento al tasso dello 0.5% con vincolo di restituzione decennale.
Per accedere a questi benefici occorre inviare un modulo al Gestore del Fondo tramite posta raccomandata A/R, fax al numero 0647915005 o per mezzo di una mail all’indirizzo bdm-mcc@postacertificata.mcc.it. Una volta ottenuto il via libera dal Comitato di gestione del Fondo, l’impresa interessata può recarsi entro tre mesi dalla data di delibera presso un qualsiasi ente di intermediazione finanziaria (sia esso una banca o una società di leasing) presentando la richiesta di conferma della garanzia. Informazioni complete e dettagliate sono in ogni caso reperibili al portale governativo www.fondidigaranzia.it/femminili.html.
Queste descritte sono le agevolazioni pensate per l’imprenditoria femminile e di conseguenza espressamente dirette a quelle realtà aventi al loro seguito una prevalente partecipazione femminile. Tuttavia qualora questi requisiti dovessero risultare troppo stretti al nostro caso o l’iter particolarmente travagliato per poter essere adempiuto in maniera corretta, sarebbe comunque possibile guardarsi attorno e chiedere ad un esperto di settore (come un commercialista o un consulente del lavoro) quali siano le agevolazioni previste per la creazione di una impresa tradizionale. Le donne che volessero avviare un’attività autonoma, in sostanza, hanno semplicemente una doppia opportunità rispetto ai loro colleghi uomini: quanto visto fino ad ora relativamente alle agevolazioni previste per l’Imprenditoria Femminile non è che un elemento aggiunto ad altre forme di aiuto messe a punto dalle Leggi in favore delle nuove attività imprenditoriali. Tra sgravi fiscali, condoni, bonus e snellimenti burocratici infatti, esistono diverse altre misure atte a sostenere la proliferazione dell’imprenditoria nel territorio italiano. Le recenti norme che si propongono di rivoluzionare il mondo del lavoro dipendente e con esso anche quello autonomo, non sono che il punto di inizio verso un rapporto tra Stato e imprese profondamente rivisto in favore di queste ultime: saprà il Belpaese riuscire a captare le esigenze occupazionali che provengono dal territorio e, soprattutto, sostenere l’entrata a gamba tesa nel mercato del lavoro da parte di quelle donne che fino ad ora ne sono state tagliate fuori?
Dottoressa Professoressa Cristina Siciliano