Rossella Aliano: lo space pop di “Blood Moon”

Vi presentiamo un progetto che definire emergente ormai è definirlo senza senso logico e rispetto. Per quanto fintanto che non si passa per questa Televisione si resta sempre emergenti…
Ma Rossella Aliano come cantautrice e come cantante di carriera ne ha da vendere e raccontare. Oggi ci regala quello che a tutti gli effetti è il suo primo lavoro personale in tutte le angolazioni lo si voglia vedere. Il matrimonio con il collettivo del Blood Moon Project da alla luce appunto un omonimo disco: “Blood Moon”. In rete troviamo il video ufficiale di “Giuda” e il racconto di questi 14 inediti si fa complesso e assai articolato soprattutto per evitare di cadere nella rete dell’evidenza.

Perchè lo space pop come piace definirlo a molti è ben altro che una distesa melodica di canzone d’autore pop intrisa di elettronica digitale che rimanda a sensazioni cosmonautiche. La genesi dell’uomo vista e interpretata dalla Aliano è tutt’altro che ovvia e leggera nella sua stesura letteraria e musicale e direi anche ben lontana dal POP inteso come gusto e design di tutti. Si pensi solo al come oscilla il potere immaginifico tra un brano e l’altro. Se per esempio (quasi in contraddizione a quanto detto) in “Anelli” la letteratura si fa diretta e solida in un drumming spaziale che davvero pare interpretare la forma canonica del pop digitale (probabilmente quindi è l’unico momento del genere che troviamo nel disco), nella successiva “Ali di ferro” i toni si fanno medioevali e acustici (per modo di dire) con questo incedere classico e barocco di chitarra e di sint a vestire una melodia vocale che personalmente trovo molto più calzante ed equilibrata per la nostra Aliano. E ancora se “Anime e draghi” appena mi riporta ai passati Decibel (oggi redivivi in uno stile decisamente pop) a seguire troviamo brani come “Neve” che sembra voler mescolare il fantasy alle sonorità di una Twin Peaks ancora famosa. Bellissima “Nessuna metà” che personalmente trovo il momento topico sia dal punto di vista melodico che testuale coniugando a se liriche e suoni con disegni assai accattivanti. Peraltro il messaggio che mi arriva (un po’ da tutto il disco ma in particolare da questo brano e sempre se son ben riuscito a trovare la chiave nella criptica tessitura della Aliano,) mi riporta a quel bisogno di smascherare la realtà che viviamo e depurarla dai moralismi utili ai benpensanti. L’ingrediente portante è la coerenza e non il giudizio moralistico dei tuttologi: “Natura perfida, che da spettacolo, ride degli altri e non toglie la maschera mia…”
Scivola il disco di Rossella Aliano ma senza poche difficoltà che si hanno inevitabilmente quando si è di fronte a qualcosa che impegna l’anima e la mente. Quasi fuori dettami classici troviamo una penultima traccia che porta il titolo del disco e che in assoluto rivoluziona le regole del gioco che fin qui avevo provato a tracciare. Un brano corale, epico di rock da murales e da muri di chitarre elettriche, distorsioni vellutate e un rullante che detta il tempo con arroganza. L’elettronica non si nasconde e fa la differenza e il carattere con questo sint che in secondo piano colora con ansia alla Profondo Rosso o con drammaturgia alla Finestra di fronte. Ma se le rivoluzioni di stile sembrano all’ordine del giorno in questo disco allora non dovremmo stupirci se per chiudere la Aliano scrive e realizza un brano in inglese dal titolo “Real”. Ultimo passaggio narrativo in un concept dedicato all’uomo e alla sua evoluzione. Il risveglio, la presa di coscienza, il vero io che nasce dopo aver dato vita ad un corpo che ci pare fino ad ora sia rimasto inerme in una società di finzioni, maschere e moralismi di facciata. Mi unisco al coro della critica quando qui ritrova le assonanze di un Battiato e della sua “La cura” ma io punterei maggiormente il dito in una spazialità orchestrale che questa volta porta il disco inevitabilmente in una struttura internazionale che fino ad ora pareva non volesse avere. Sicuramente non è l’inglese il pezzo forte dell’Aliano ma la sfida quantomeno si gioca e per lunghi tratti si gioca bene.
“Blood Moon” è un disco difficile per quanto difficile significhi impegnativo. E quando la tavola si presenta subito ricca di buonissime cose da mangiare l’appetito non si sazia e le richieste fioccano. Essere pignoli e pretendere altro ancora, visti i risultati, direi che è segno di ispirazione, di un messaggio giunto al cuore e alla pelle, di un lavoro che restituisce bellezza, ad ognuno il suo.
Un ascolto nuovo in questo panorama in cui dovremmo imparare a veicolare più musica italiana nuova che i fantasmi del passato che rinnovano se stessi ormai da secoli…senza risultati soddisfacenti in fondo.


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